Leggendo..."OPINIONI DI UN CLOWN" di HENRICH BOLL
Sono particolarmente attratta dai libri recuperati nelle bancarelle deil'usato, accatastati dentro vecchi scatoli, grandi e polverosi e che mi inducono a scartare, selezionare fino in fondo, fino all'ultimo libro. in un giorno d'estate mi sono imbattuta in uno di questi mercatini e ne sono venuti fuori due libri: "Le tre ghinee" e "Opinioni di un clown". Letti entrambi ed entrambi amati.
Scrivo di "Opinioni di un clown" a distanza di più di un mese da quando l'ho terminato, un po' per pigrizia un po' perché già in balìa del romanzo che sto leggendo adesso "Kafka sulla spiaggia". Bene, detto ciò l'esperimento interessante potrebbe essere adesso quello di scrivere esattamente la prima cosa che penso e che mi è rimasta dentro, nonostante queste righe non siano state scritte a caldo. Il sentimento assolutamente predominante è la malinconia, il personaggio principale si lascia sfuggire di mano la donna amata e nel suo racconto traccia una linea immaginaria tra il prima ed il dopo, soffre al punto di entrare in uno stato di non accettazione della fine, il "prima" è costantemente presente nel suo quotidiano, lo condiziona e lo affligge, rendendogli la vita invivibile e depressa. La perdita delle due donne della sua vita, la compagna e la sorella (deceduta in guerra), tolgono la maschera al clown che torna uomo, mortale, e che ammette che "aggrapparsi al passato è ipocrisia, perché nessuno conosce gli attimi di cui è fatta una vita. "Attimo" è una parole che esprime velocità e talvolta profondità e determinazione "...e tutto in un attimo cambiò..."
Il clown, non è solo un pagliaccio che diverte, ma è un attore che interpreta, un autore che scrive i propri pezzi è, in buona sostanza, un artista che vive soprattutto della propria creatività, e quando questa creatività viene violentata, offesa e sottratta il clown resta nudo, scoperto, torna uomo e non riconosce l'immagine che gli restituisce lo specchio, comincia quello che l'autore chiama "decadenza artistica" ed, aggiungo io, vitale, ovvero depressione.
Il personaggio è astuto, furbo, sagace, non capisce solo quando decide di non volerlo fare. Ho veramente apprezzato le conversazioni telefoniche che fa, ne è ricca la storia e che meritano un plauso a parte, una standing ovation per la comunicazione ironica. i suoi dialoghi, interiori e non, sono da manuale, una sorta di fucile di precisione, ecco...un cecchino dell'ironia.
Paradossi? Si può esser molto vicini mentalmente al pensiero di una persona o ad un caro scomparso e lontani rispetto a presenze materialmente tangibili
Morale? spesso non è sufficiente togliere la maschera per renderci riconoscibili, agli altri ed a noi stessi ("noi siamo parte degli altri per gli altri) se non sappiamo chi siamo o abbiamo perso la bussola che ci indirizzava siamo come persi in una folla con centinaia di nostri io che vagano e di tutti non sappiamo più quale ci appartiene.